Crescita del seno con l’ipnosi

Un particolare effetto scoperto casualmente da Milton H. Erickson nel suo studio, è la crescita del seno con l’ipnosi. Per errore, ad una paziente è capitato che un solo seno gli crescesse subito dopo una seduta ipnotica, al che la paziente ritorna da Erickson dicendo di non poter avere un seno così diverso l’uno dall’altro, e lui in tutta risposta le fece crescere anche l’altro.

Questo piccolo aneddoto racconta di come con l’ipnosi si possa far crescere il seno delle pazienti che lo richiedono. Non scenderò molto nel tecnico in quanto non è il mio campo, ma stando alle ricerche sembra che si possa indurre una stimolazione ormonale, facendo si che la ghiandola mammaria cresca producendo appunto un seno più grande.

Il risultato è duraturo nel tempo e comporta un grande beneficio per le pazienti che ne fanno uso in quanto non devono rischiare la vita sottoponendosi alla chirurgia, se sostituire le proprie mammelle con delle protesi di silicone.

Il seno può crescere massimo di due taglie con l’ipnosi, una come minimo. Naturalmente, ci sono persone meno portate per lo stato ipnotico che raggiungeranno risultati inferiori, su queste persone è meglio non insistere perché semplicemente non sono abbastanza introspettive o altro (ancora non si conoscono perfettamente i meccanismi dell’ipnosi) impedendo così di raggiungere i risultati sperati. Per tutti gli altri invece, c’è la possibilità di raggiungere naturalmente una o due taglie in più con l’ipnosi, o anche semplicemente livellare uno dei due seni che spesso differiscono l’uno dall’altro.

Il processo è molto semplice, e si articola in 12 settimane per 12 sedute in tutto nella media dei casi.

Tutto si svolgerà con molta naturalezza, semplicemente visualizzando il risultato mentre si è guidati nello stato ipnotico e attraverso alcune metafore oltre che un attento sviluppo di una profonda ipnosi mediante diverse tecniche tra cui quelle eriksoniane.

Alcune persone ritengono che lo sviluppo del seno con l’ipnosi sia soltanto mera immaginazione, vorrei rispondere a questi dubbiosi con un ringraziamento, in quanto ciò che faccio è così complesso e fantastico da apparire impossibile.

Per quanto riguarda la scienza invece, le diverse ricerche dimostrano quel che ho riassunto con molta semplicità e alla portata di tutti. Di seguito alcuni degli studi più conosciuti in merito alla crescita del seno con l’ipnosi.

Peter H.C. Mutke, M.D. (UCLA) ha realizzato il primo studio. Ha presentato i suoi risultati come una ricerca del Dipartimento di Neuropsichiatria dell’università della California, Los Angeles, 20 Febbraio 1971. Al 1994, il dottor Mutke era ancora con la UCLA ed è stato attivo nel Consiglio americano degli “Hypnotist Examiners”.

  1. Williams, J.E., Stimolazione della crescita del seno con l’ipnosi. “Journal of Sex Research,” 1974, 10:316-326. Le sue tredici volontarie raggiunsero una media di 2.11 pollici (5,4 cm) nella circonferenza del loro seno (2 taglie).
  2. Staib, A.R., and Logan, D.R., Stimolazione ipnotica della crescita del seno. “The American Journal of Clinical Hypnosis,” 1977, 4:201-208. Ripeterono gli esperimenti del Dr. Williams con risultati molto simili. Trovarono anche la vita delle donne diminuita di 1.4 pollici (3.6 cm). Lo studio di controllo ha mostrato che l’81 % dell’accrescimento del seno era stato mantenuto parecchi mesi dopo che le donne avevano smesso gli esercizi di visualizzazione.
  3. Willard, R. D., Accrescimento del seno tramite immaginazione visiva e ipnosi. “The American Journal of Clinical Hypnosis,” 1977, 4:195-200. Il Dr Willard usò una tecnica differente da quella del dottor Dr. Williams (che usò regressione d’età e progressione d’età) e raggiunse un accrescimento medio di 1.44 pollici (3.7 cm) della taglia del seno per le sue 22 volontarie. Ogni donna ebbe un accrescimento della circonferenza del seno.
  4. Wilson, Donald L. MD, “Natural Bust Enlargement With Total Mind Power” come usare l’altro 90% del tuo cervello per accrescere la taglia del tuo seno. (Libro — 1979). Ci sono gli script e una grande bibliografia. Il Dr. Wilson conduce una clinica di gran successo in California.
  5. Beran, Roy (un neurologo dell’ospedale dei bambini di Adelaide in Inghilterra) presentò i risultati del suo studio alla convenzione nazionale degli ipnoterapisti ad Adelaide nel Febbraio del 1979. Il Dr. Beran mostrò che il volume del seno … era più nei tre mesi del programma di ipnosi.
Telepsicologia

Il progetto SPT – Servizio di Psicologia Telematica –

Il servizio di Psicologia telematica è nato per far fronte alla pandemia di Sars-Cov-2 cioè il Covid-19 al fine di poter offrire assistenza indistintamente a tutti, senza il rischio di contagio, potendo usufruire del comfort di casa propria o dei centri appositi che si occupano di telemedicina.

Il servizio è indirizzato e offerto ai pazienti di strutture mediche o a figure sanitarie al fine di poter facilitare al paziente la possibilità di trovare il professionista adatto alle sue necessità nel minor tempo possibile.

Questa modalità professionale di incontro tra terapeuta e paziente è già molto conosciuta negli States, viene spesso definita E-Healt, o più specificatamente TeleMentalHealth.

Questa nuova forma di cura del paziente comporta diversi benefici, il paziente, essendo in casa propria quando usufruisce di questo servizio si sente più al sicuro, lasciandosi conoscere meglio perchè è maggiormente a proprio agio, così da aggirare maggiori resistenze che nello studio potrebbero essere presenti.

Inoltre, la Telepsicologia spesso ha un costo più contenuto e questo può far gola a molte persone che fino ad oggi hanno avuto grandi difficoltà nel poter prendersi cura della propria salute mentale.

I punti a favore della Psicologia telematica sono molteplici, ad esempio è utilissima per chi per colpa di problemi mentali come gravi fobie o stati depressivi sono impossibilitati a presentarsi nello studio dello Psicologo.

Oppure per persone che sono impossibilitate fisicamente, sia per questioni di particolari handicap o perchè vivono in zone mal servite dalla rete urbana di trasporti pubblici.

Questo servizio pronto all’uso ha un esperienza decennale funzionante come si può dedurre da tutti quei servizi di assistenza per la prevenzione del suicidio per via telefonica, che ogni anno, salvano molte vite.

Diversi studi hanno messo in luce come il servizio di Psicologia telematica sia non solo all’avanguardia ma che ha un efficacia persino leggermente maggiore su alcuni disturbi della terapia svolta in studio come nel caso dell’ansia, dell’agorafobia, del disturbo post-traumatico da stress e della depressione.

L’American Psychological Association definisce la “telepsicologia” come l’“offerta di servizi psicologici attraverso l’uso di varie forme di tecnologie di comunicazione, tra cui telefoni e cellulari, piattaforme online per videoconferenze interattive, email, chat, blog e forum virtuali, social media”.

Un altro aspetto importante di questo orientamento psicologico è che c’è una maggior possibilità di scelta del professionista, potendo uniformare la professione in tutto il paese e permettendo al proprio paziente di scegliere con cura la persona alla quale vuole affidarsi.

Di contro c’è l’impossibilità di un vis a vis di persona, che in un epoca in cui è necessario indossare la mascherina in presenza avrebbe anche impedito di poter guardare in faccia il proprio terapeuta, cosa fondamentale per chi osserva le microespressioni del volto, sopratutto in caso di prevenzione del suicidio come è stato appunto reso noto dal professor Ekman e dal suo importantissimo lavoro sulle emozioni-espressioni umane.

Pertanto, oltre ad accogliere i pazienti in studio, il Dottor Francesco Figliomeni offre la possibilità a numerosi pazienti di potersi conoscere e lavorare insieme online attraverso la nota applicazione di WhatsApp “videochiamata” al fine di semplificare la vita del paziente ed evitare la fatica di scaricare applicazioni astruse e specifiche, pertanto con la semplicità di una chiamata si potrà raggiungere il Dottor Figliomeni dietro prenotazione.

Per qualsiasi informazione è possibile contattare il numero 350 015 7497 chiedendo informazioni anche via messaggio.

Cos’è l’ipnosi e la sua struttura

Con ipnosi si intende uno stato modificato di coscienza che consiste in una
focalizzazione dell’attenzione ed una riduzione della consapevolezza periferica caratterizzata da un’aumentata capacità di risposta alle suggestioni.
Si può descrivere come un accordo tra il paziente ed il terapeuta a partecipare ad un setting terapeutico in cui tramite l’ipnosi vengono somministrate al paziente specifiche suggestioni con l’obbiettivo di modificare sensazioni, percezioni, comportamenti ed emozioni.
Questa definizione pone l’enfasi sulla relazione che deve instaurarsi tra terapeuta-paziente e la definisce necessaria.
Bisogna tuttavia distinguere l’ipnotizzablità dalla suggestionabilità, infatti,
quest’ultima è definita come l’accettazione acritica dell’idea dell’altro mentre al contrario nell’ipnotizzabilità l’accettazione dell’idea è critica.
L’ipnosi è uno stato di coscienza fisiologico, modificato e dinamico che si tenta di ricreare all’interno di un rapporto terapeutico che è la relazione psicologo-medico-paziente.
Punto centrale del processo è il monoideismo plastico, cioè una singola idea che riverbera sul piano psicosomatico ed ha valenza terapeutica.
Da un punto di vista clinico la sessione ipnotica si compone di tre fasi. La prima viene definita fase di induzione, questa è seguita dalla suggestione terapeutica, anche detta corpo dell’ipnosi e si conclude infine con la de-induzione dello stato ipnotico.
Si può ancora identificare una fase che precede tutte queste ed è la pre-induzione, questa consiste fondamentalmente nell’instaurazione del rapporto di fiducia nell’identificazione di un obiettivo comune, condiviso da operatore e paziente.
Con fase d’induzione invece intendiamo tutte quelle manovre finalizzate ad attivare e sostenere la realizzazione di monoideismi plastici. Esse consentono al soggetto di focalizzare l’attenzione, indurre uno stato di assorbimento con conseguente dissociazione dall’ambiente esterno e lo aiutano a rilassarsi, promuovendo il passaggio dell’attenzione dal “mondo esterno” al “mondo interno” del soggetto.


Nel corpo dell’ipnosi l’operatore fornisce le suggestioni terapeutiche più
appropriate al raggiungimento dell’obiettivo prefissato. Queste suggestioni sono la chiave del trattamento.
Segue la de-induzione, cioè un ritorno della coscienza del soggetto all’attività ordinaria di coscienza.
Il trattamento termina con un periodo definito coda ipnotica in cui il soggetto permane, ancora per pochi minuti, più suscettibile ad eventuali suggestioni.
L’ipnotizzabilità può variare molto da soggetto a soggetto, ma almeno l’80% della popolazione è in grado di realizzare un’ipnosi sufficientemente valida per ottenere soddisfacenti effetti terapeutici. Il livello di suscettibilità ipnotica può quindi influenzare negativamente i risultati clinici, in particolare nei pochi soggetti non ipnotizzabili e nei soggetti con un profilo ipnotico di decremento (secondo l’Hypnotic Induction Profile). Alla base di questa variabilità sono implicati diversi fattori legati alla personalità ma ancora non ben definiti.
I pazienti partecipano attivamente nell’esperienza ipnotica attraverso tecniche e suggestioni, il risultato ottenuto con l’ipnosi richiede uno “sforzo attentivo attivo e prolungato” da parte del paziente, elemento che manca nei soggetti con profilo di decremento.
Le suggestioni ipnotiche determinano cambiamenti nella percezione e
nell’interpretazione di vari stimoli forniti al soggetto, e correlano con alterazioni caratteristiche nell’imaging cerebrale.
Quando interrogati riguardo alle loro esperienze i pazienti descrivono alterazioni nell’immagine corporea, distorsione temporale, dissociazione, sentimenti di rilassatezza e pace, focalizzazione dell’attenzione e aumentata affettività e positività, ma diminuita memoria e propriocettività.
Da un punto di vista neurocognitivo si pensava che l’ipnosi fosse mediata
dall’emisfero cerebrale destro. Questa teoria era supportata dalla scoperta della specializzazione degli emisferi nel 1970 e il cervello fu convenzionalmente distinto in emisfero destro, creativo, ed emisfero sinistro, analitico.
Questa è tuttavia una semplificazione ormai superata e rimpiazzata dal
riconoscimento all’ipnosi di un ruolo più complesso, in cui sono implicati sia circuiti inter-emisferici sia intra-emisferici antero-posteriori di lungo raggio, coinvolgenti i lobi frontali, la corteccia prefrontale e la corteccia cingolata anteriore di entrambi gli emisferi.
Grazie alle tecniche di neuroimaging è oggi possibile studiare l’attivazione e la deattivazione delle aree cerebrali durante un’induzione ipnotica.
È dimostrato ad esempio, come, durante l’ipnosi, la rievocazione di ricordi è
associata ad una diversa e molto più ampia attivazione di aree cerebrali rispetto alla rievocazione degli stessi ricordi in condizioni di base.
Durante un’induzione ipnotica sono coinvolte diverse aree cerebrali, come: la corteccia occipitale, parietale, l’area precentrale, l’area premotoria, la parte ventrolaterale dell’area prefrontale, la corteccia cingolata anteriore, il talamo e il pontomesencefalo.
Comparato con un’attività cerebrale normale, lo stato ipnotico, mostra una
diminuzione dell’attività della parte mediale della corteccia parietale, in particolare nel precuneo. Dati precisi a riguardo sono stati raccolti da Vanhaudenhuyse e colleghi in una recente review.
Studi sui substrati neurobiologici dell’ipnosi indicano che lo stato ipnotico potrebbe essere correlato con l’attività dopaminergica centrale.
Durante l’ipnosi, le suggestioni di analgesia possono innalzare nel paziente la soglia del dolore, riducendo di conseguenza la percezione dello stimolo doloroso. Questo effetto è stato indagato e dimostrato in numerosi trial clinici e studi sperimentali. L’effetto ipno-analgesico sembra coinvolgere alcune vie intercalate sul circuito del dolore, come ad esempio i riflessi nocicettivi, l’attività autonomica dolore-correlata e il sistema di controllo sopraspinale del dolore.
Studi condotti da Faymonville e colleghi, mostrano una significativa riduzione nei punteggi del dolore e della nausea postoperatoria quando confrontati pazienti sottoposti a chirurgia con anestesia locale più ipnosi (ipno-sedazione) con pazienti trattati solo con anestesia generale.
Allo stesso modo in uno studio prospettico randomizzato, Defechereux e colleghi, hanno analizzato soggetti sottoposti a chirurgia in prima giornata post-intervento.
Nei soggetti che hanno ricevuto anche il trattamento ipnotico oltre all’anestesia generale sono stati evidenziati ridotti livelli di dolore, minor affaticamento, minor durata media dei ricoveri ed una diminuzione della risposta infiammatoria (IL-6 correlata) rispetto ai pazienti sottoposti solamente all’anestesia generale.

ISTITUTO FRANCO GRANONE
C.I.I.C.S.
CENTRO ITALIANO DI IPNOSI CLINICO-SPERIMENTALE

Ipnoestetica – la nuova frontiera per combattere la cellulite

Distruggi le cellule adipose a colpi di ipnosi, riprenditi tutta la tua bellezza

La cellulite estetica o pannicolopatia edemato-fibro-scelorotica indica una condizione in cui il tessuto sottocutaneo ricco di cellule adipose è alterato.
Le cellule adipose sotto la pelle quindi sono caratterizzate da ipertrofia e negli spazi intracellulari si accumulano luquidi in eccesso che sono i residui dei processi dell’organismo.
Il flusso sanguigno è rallentato e c’è una ritenzione dei liquidi da parte dei tessuti e come per il sistema venoso anche quello linfatico “che raccoglie i materiali di scarto dell’organismo” è rallentato.
La PEFS o cellulite estetica diffferisce dalla cellulite infettiva non trattabile con l’ipnosi.
L’ipnosi agisce sia sulle cellule adipose che nel sistema linfatico avviando i sistemi di autoguarigione del corpo umano permettendo al sistema linfatico di lavorare meglio ed eliminare con più facilità gli scarti comportando quindi un miglioramento del corpo migliorando innanzi tutto la salute, per poi levigare anche la pelle quindi avendo anche un risultato estetico ampiamente visibile come si può notare dalle foto della modella.
I risultati sono visibili nell’immediato, nel giro brevissimo tempo si può notare una differenza sia nella percezione estetica delle gambe che nella percezione sensoriale in quanto le gambe perderanno dei liquidi in eccesso che le appesantiscono, liberando finalmente le nostre potenzialità da tempo perdute.

Risultati ottimali del trattamento di ipnoestetica

Come è possibile notare dalla foto i risultati sulla modella sono ottimali, in quanto persona estremamente recettiva all’attività ipnotica.

Tutte le donne possono raggiungere dei risultati, in base all’individuale capacità suggestiva è possibile raggiungere risultati più o meno grandiosi, come nel caso della modella che è diventata un altra persona a distanza di poco tempo riconquistando di nuovo se stessa.

Il secondo cervello

I ricercatori stanno identificando i meccanismi coinvolti nell’asse cervello-intestino, ponendo le basi per interventi più mirati
Leah Thayer
26 febbraio 202
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La plausibilità delle “sensazioni viscerali” può sembrare intrinsecamente incompatibile con l’impresa guidata dai dati della scienza psicologica. Ma un crescente corpo di ricerca sull’asse cervello-intestino suggerisce che i microbi nel nostro sistema digestivo hanno davvero un ruolo misurabile nella funzione e struttura del cervello, influenzando l’umore, le emozioni e il comportamento insieme ad altri importanti aspetti della nostra personalità e la nostra salute mentale e fisica.

Il microbioma intestinale è la sede della più grande collezione di microrganismi nel corpo umano. Comprende trilioni di batteri, virus, funghi e altri microrganismi che vivono all’interno del tratto gastrointestinale, che comprende non solo lo stomaco ma anche la bocca, l’esofago, il pancreas, il fegato, la cistifellea, l’intestino tenue e il colon. Dopo il cervello, l’intestino contiene il maggior numero di neuroni del corpo (Bastiaanssen et al., 2020).

Nell’immagine in basso si nota l’impatto del microbiota intestinale sull’asse cervello-intestino nella salute e nella depressione. Pannello di sinistra: Un microbiota intestinale stabile ed equilibrato è essenziale per la normale segnalazione dell’asse cervello-intestino. Pannello destro: Nel disturbo depressivo maggiore, le alterazioni del microbiota intestinale influenzano negativamente l’asse cervello-intestino a diversi livelli. Fonte: Bastiaanssen et al. (2020).

Negli ultimi anni, gli studi sull’uomo e sugli animali di cui alcuni con l’uso della neuroimaging, hanno aggiunto ulteriori prove sui legami tra la composizione dei microbiomi intestinali e i processi cerebrali. Per esempio, una mancanza di certi batteri intestinali è stata associata a disturbi psichiatrici che vanno dall’ansia e dalla depressione al disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD) e ai disturbi dello spettro autistico (ASD). La ricerca ha anche rivelato connessioni tra i batteri del microbioma e i tratti della personalità. E l’introduzione di alcuni tipi di batteri nel corpo ha dimostrato di alleviare gli effetti negativi dello stress e persino i sintomi della malattia. Uno studio del 2018, per esempio, ha suggerito che una dieta chetogenica può prevenire le crisi associate all’epilessia aumentando la popolazione di alcuni batteri (Akkermansia muciniphila e Parabacteroides merdae) che riducono la quantità o il metabolismo degli aminoacidi associati all’attività legata alle crisi nell’ippocampo (Olson et al., 2018).

Come i batteri intestinali modellano il cervello e il comportamento

I legami tra i batteri intestinali e il comportamento o le caratteristiche individuali non possono essere pienamente compresi senza capire come il microbioma intestinale e il cervello comunicano. La ricerca ha suggerito che questa comunicazione è bidirezionale, con il microbioma che influenza il cervello tanto quanto il cervello influenza il microbioma (Smith & Wissel, 2019). L’asse cervello-intestino è una rete che sembra facilitare la comunicazione tra i microbi intestinali, il sistema nervoso centrale, il sistema nervoso periferico e il sistema nervoso enterico (incorporato nel tratto gastrointestinale). Sembra che i batteri siano in grado di produrre e rispondere a diversi segnali neurochimici, che viaggiano da e verso il cervello.

Vie di comunicazione lungo l’asse intestino-cervello. Tra le altre cose, i batteri possono secernere neurotrasmettitori che inducono le cellule intestinali a rilasciare molecole che modulano la segnalazione neurale all’interno del sistema nervoso. Le informazioni passano abitualmente tra l’intestino e il cervello lungo il nervo vago. Fonte: Smith e Wissel (2019).

Mauro Costa-Mattioli, professore di neuroscienze al Baylor College of Medicine, studia come i microbi intestinali influenzano il sistema nervoso centrale e le funzioni del cervello. In un discorso del gennaio 2021, ha proposto che l’ambiente e la genetica possono influenzare il microbiota intestinale, che comunica con il cervello, influenzando il comportamento complesso. Un canale di comunicazione tra i microbi intestinali e il cervello sembra essere il nervo vago, che si estende dal tronco cerebrale attraverso il collo e il torace fino all’addome.

In una ricerca sull’ASD in modelli animali, Costa-Mattioli e colleghi hanno scoperto che il trattamento con il batterio Lactobacillus reuteri – che riduce i deficit sociali nei topi privi di questi batteri – sembra funzionare non reintegrando il microbioma intestinale dei topi ma promuovendo la plasticità sinaptica indotta dall’interazione sociale, che è compromessa nell’ASD, attraverso le interazioni con il nervo vago (Sgritta et al., 2019). Questi risultati supportano l’idea innovativa che il microbioma intestinale può influenzare la plasticità del cervello e suggeriscono che questo tipo di ricerca potrebbe puntare a nuove terapie nei pazienti umani. Tuttavia, i ricercatori hanno avvertito che “l’asse intestino-microbiota-cervello è un campo emergente, e per garantire il successo delle terapie basate sul microbioma per i disturbi neurologici, crediamo che prima sarebbe importante stabilire una serie di criteri definiti e oggettivi per la transizione in studi clinici umani”.

Neuroimaging neurogastroenterologia

“Il neuroimaging è al top della potenza quando può rivelare una visione e una comprensione di un fenomeno che è stato un mistero o non creduto a causa della soggettività delle misure di risposta”, hanno scritto Emeran A. Mayer e colleghi nel 2019. Uno di questi fenomeni che i ricercatori hanno esaminato è la sindrome dell’intestino irritabile (IBS), una condizione comune caratterizzata da dolore addominale cronicamente ricorrente e abitudini intestinali alterate. I pazienti con diagnosi di IBS e altri disturbi gastrointestinali sperimentano anche alti tassi di ansia e altre comorbidità psichiatriche. Alterazioni legate alla IBS nelle reti funzionali, strutturali e anatomiche del cervello, Mayer e colleghi hanno scritto, “hanno fornito substrati neurobiologici plausibili per diverse anomalie di elaborazione delle informazioni riportate nei pazienti con IBS”. Questi includono valutazioni distorte delle minacce, o “catastrofizzazione”, e le aspettative di risultato (relative alla rete di salienza); iperarousal autonomo (relativo al arousal emotivo e reti autonomiche centrali), e l’attenzione focalizzata sui sintomi (relative alla rete centrale esecutiva).

In un altro studio 2019 di pazienti con IBS, Jennifer S. Labus e colleghi hanno esplorato se l’abbondanza di batteri modulatori della serotonina che risiedono comunemente nell’intestino di adulti sani è associata alla connettività funzionale delle regioni cerebrali somatosensoriali e alla funzione sensorimotoria GI. Utilizzando diversi metodi, tra cui l’imaging cerebrale funzionale (fMRI), hanno osservato interruzioni nelle interazioni tra cervello dei pazienti, intestino e metaboliti microbici intestinali. Queste interruzioni, che coinvolgono sia le regioni corticali e sottocorticali del cervello, “può contribuire a ipersensibilità viscerale e alterata percezione del dolore” in questi pazienti, i ricercatori hanno scritto.

I batteri possono a volte avere un impatto benefico sulle persone con IBS? Mentre i probiotici – microrganismi vivi che si trovano nello yogurt e in altri alimenti fermentati – avevano già dimostrato di ridurre i sintomi fisici dell’IBS, una ricerca pubblicata nel 2017 da Maria Ines Pinto-Sanchez e colleghi ha suggerito che potrebbero anche ridurre la depressione e migliorare la qualità della vita per questi individui. In uno studio randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo di 44 adulti con IBS e ansia e/o depressione da lieve a moderata, i pazienti che hanno ricevuto il ceppo probiotico Bifidobacterium longum NCC3001 erano più probabile che il gruppo placebo per mostrare un aumento medio della qualità della vita e segnato più basso su una misura di depressione 6 settimane dopo.

Stati alterati: Microbi e depressione

Guardando ulteriormente il ruolo del microbioma nella depressione, una recensione di Thomaz Bastiaanssen e colleghi nel 2020 ha esplorato l’interazione tra il microbioma intestinale e il disturbo depressivo maggiore. “Il microbioma intestinale è un sistema altamente dinamico, sottoposto a un costante cambiamento nel tempo”, hanno scritto. “Si pensa che il grado e il modo di cambiamento siano determinati da una vasta combinazione di fattori, che vanno dalla fase della vita all’esercizio.” Hanno citato la ricerca che coinvolge la dieta mediterranea, che colpisce il microbioma intestinale aumentando l’abbondanza di batteri con proprietà anti-infiammatorie ed è stato anche trovato per abbreviare gli episodi di depressione.

“Il microbioma intestinale è un sistema altamente dinamico, in costante cambiamento nel tempo”.

Thomaz Bastiaanssen e colleghi

Passando all’influenza del microbioma sullo stress, Bastiaanssen e colleghi hanno notato una ricerca sugli animali che indica il ruolo importante del microbioma durante il primo sviluppo. Ad esempio, i topi senza germi hanno mostrato una risposta esagerata allo stress che è stata normalizzata dopo che i loro intestini sono stati colonizzati con un probiotico. Uno studio del 2019 di Huiying Wang e colleghi ha applicato questo concetto agli esseri umani, mostrando che il ceppo probiotico Bifodobacterium longum 1714 (Zenflore) può svolgere un ruolo nella gestione delle risposte allo stress in volontari sani modulando i processi neurali.

Microbi e personalità

Le variazioni nel microbioma intestinale non sono rilevanti solo per malattie e disturbi. Recenti ricerche hanno anche stabilito una connessione tra la composizione e la diversità del microbioma intestinale e una serie di tratti della personalità umana.

“Le persone con reti sociali più ampie tendono ad avere un microbioma più vario, suggerendo che le interazioni sociali possono modellare la comunità microbica dell’intestino umano”, ha scritto la ricercatrice dell’Università di Oxford Katerina Johnson nel 2020. “Al contrario, l’ansia e lo stress sono legati a una diversità ridotta e a una composizione alterata del microbioma”. Ha anche scoperto che alcuni tipi di batteri sono differentemente abbondanti in relazione ai tratti di personalità. “Insieme, questi risultati aggiungono una nuova dimensione alla nostra comprensione della personalità e rivelano che l’asse microbioma-intestino-cervello può anche essere rilevante per la variazione comportamentale nella popolazione generale così come nei casi di disturbi psichiatrici”.

Katerina Johnson ha condotto una serie di analisi statistiche per determinare le relazioni tra la composizione del microbioma intestinale e le variabili di studio, con un interesse primario nelle variabili che valutano i tratti comportamentali. Fonte: Johnson (2020).

Johnson ha elaborato le sue scoperte in un’intervista con l’Observer. Tradizionalmente, la maggior parte della ricerca sull’asse cervello-intestino è stata condotta sugli animali, ha notato; infatti, alcune delle sue ricerche precedenti hanno esaminato le personalità degli uccelli. Ma tra le ricerche umane che erano state condotte, “molte erano basate su pazienti autistici o persone con condizioni psichiatriche. Al contrario, il mio interesse principale era quello di guardare nella popolazione generale per vedere come la variazione dei tipi di batteri che vivono nell’intestino può essere collegata alla personalità”.

Per esplorare queste domande, Johnson ha reclutato 655 partecipanti adulti in 20 paesi. I partecipanti hanno fornito campioni fecali, che sono stati analizzati dalla società di microbioma-sequencing uBiome, e hanno completato un questionario online che Johnson ha utilizzato per misurare 44 variabili relative a tratti comportamentali, dieta, salute, stile di vita e caratteristiche sociodemografiche. La socievolezza (una misura combinata di estroversione, abilità sociale e comunicazione) si è rivelata un predittore positivo per un’abbondanza di batteri intestinali benefici come Lactococcus e un predittore negativo per un’abbondanza di Desulfovibrio e Sutterella.

"Tanti fattori possono influenzare qualcosa di così complesso come una personalità. Il microbioma intestinale è solo un altro fattore. "Ricercatrice dell'Università di Oxford Katerina Johnson (Università di Oxford)

La ricerca di Johnson ha controllato una serie di altre variabili che possono anche influenzare i batteri intestinali e, a sua volta, la sua relazione con i tratti di personalità. Per esempio, l’età e l’indice di massa corporea erano predittori comuni di abbondanza batterica. In termini di diversità del microbioma, gli adulti che hanno viaggiato spesso, hanno mangiato più cibi diversi o più cibi con probiotici o prebiotici naturali, o sono stati allattati al seno da bambini tendevano ad avere microbiomi più diversi. I microbiomi delle donne hanno dimostrato di essere meno diversificati di quelli degli uomini. La diversità del microbioma era anche correlata negativamente alla disoccupazione e, forse stranamente, al possesso di un cane.

“Così tanti fattori possono influenzare qualcosa di così complesso come una personalità”, ha detto Johnson. “Il microbioma intestinale è solo un altro fattore”.

Lo scrittore freelance Alex Michel ha contribuito alla ricerca per questo articolo.

Referenze

Bastiaanssen, T. F. S., Cussotto, S., Claesson, M. J., Clarke, G., Dinan, T. G., & Cryan, J. F. (2020). Gutted! Unraveling the role of the microbiome in major depressive disorder. Harvard Review of Psychiatry, 28(1), 26–39. https://doi.org/10.1097/HRP.0000000000000243 

Costa-Mattioli, M. (2021, January 11–13). Unraveling gut-microbiota-brain interactions [Conference presentation]. SfN Global Connectome: A Virtual Event. 

Johnson, K. V.-A. (2020). Gut microbiome composition and diversity are related to human personality traits. Human Microbiome Journal, 15, Article 100069. https://doi.org/10.1016/j.humic.2019.100069 

Labus, J. S., Osadchiy, V., Hsiao, E. Y., Tap, J., Derrien, M., Gupta, A., Tillisch, K., Le Nevé, B., Grinsvall, C., Ljungberg, M., Öhman, L., Törnblom, H., Simren, M., & Mayer, E. A. (2019). Evidence for an association of gut microbial Clostridia with brain functional connectivity and gastrointestinal sensorimotor function in patients with irritable bowel syndrome, based on tripartite network analysis. Microbiome, 7, Article 45. https://doi.org/10.1186/s40168-019-0656-z 

Mayer E.A., Labus J., Aziz Q., Tracey I., Kilpatrick L., Elsenbruch S., Schweinhardt P., Van Oudenhove L., & Borsook D. 

Olson, C. A., Vuong, H. E., Yano, J. M., Liang, Q. Y., Nusbaum, D. J., & Hsiao, E. Y. (2018). The gut microbiota mediates the anti-seizure effects of the ketogenic diet. Cell, 173(7), 1728–1741. https://doi.org/10.1016/j.cell.2018.04.027 

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